Oltre l’analisi dei dati: sinergie e visione per un Made in Italy circolare, sostenibile e creativo

In un momento in cui le sfide ambientali, economiche e sociali impongono trasformazioni profonde al nostro sistema produttivo, si rende necessaria – in maniera tanto più urgente – una riflessione sui fattori di rilancio del Made in Italy.

Il primo di questi fattori è noto: l’esigenza di insistere su una cooperazione tra pubblico e privato che non può avere carattere saltuario, trattandosi di una condizione indispensabile per generare sviluppo scientifico, tecnologico e industriale duraturo. Occorre rendere questa forma di “cooperazione allo sviluppo” un elemento strutturale del panorama nazionale dell’innovazione. A maggior ragione, in un contesto globale caratterizzato da uno spiccato interventismo pubblico (si pensi alla Cina).

La Fondazione MICS nasce proprio con questa missione: essere uno spazio di incontro tra competenze, strumenti e visioni, dove il sistema della ricerca possa dialogare in modo permanente con le imprese, così da tracciare un percorso di innovazione effettivo e autenticamente sostenibile.

Perché l’innovazione non si alimenta solo di tecnologie. Né di fondi (pur necessari). Si nutre anche di coraggio, cultura e immaginazione. E proprio qui si apre un tema cruciale, che oggi più che mai merita attenzione: il ruolo del dato nella definizione delle scelte strategiche delle imprese.

L’utilizzo dei dati per comprendere i mercati, anticipare i bisogni dei consumatori e ottimizzare i processi industriali è certamente una leva straordinaria per la competitività. Tuttavia, rischia di diventare un vincolo se usato come unico faro decisionale.

Nel settore della moda – uno degli ambiti centrali per il Made in Italy e per le attività della nostra organizzazione – questo paradosso è particolarmente evidente. L’iper-analisi dei gusti del consumatore, il monitoraggio costante delle tendenze digitali e la rincorsa a presunti algoritmi del successo possono trasformarsi in una vera e propria “dittatura del dato”.

Anziché stimolare la creatività, la standardizzano. Invece di aprire nuovi immaginari, consolidano quelli già noti. In altre parole, il rischio è che il Made in Italy smetta di inventare, per limitarsi a inseguire.

Per questo crediamo che il futuro della manifattura italiana debba poggiare su un equilibrio più consapevole tra scienza e intuizione, tra evidenza empirica e visione creativa.

La sfida è valorizzare il dato senza esserne schiavi.

È quindi oltremodo necessario un modello di innovazione in cui la sostenibilità sia anche culturale, in cui l’industria innovi non solo per rispondere alle esigenze del consumatore, ma per trasformarle, in cui la fabbrica non sia esclusivamente un terreno di analisi dell’esistente, ma un laboratorio nel quale disegnare nuove possibilità.

Il ruolo della Fondazione MICS è anche quello di facilitare un ecosistema di questo genere, che sia ibrido e plurale. Attraverso progetti congiunti, bandi, attività di formazione e trasferimento tecnologico, costruiamo ponti tra ricerca e impresa, tra creatività e sostenibilità, tra rigore scientifico e libertà espressiva.

Perché il vero valore del Made in Italy non consiste solo nella sua capacità di riprodurre, ma soprattutto nella sua capacità di pensare (o ripensare) il mondo in maniera originale, umana e responsabile.

In definitiva, il nostro impegno è di contribuire a un sistema industriale che non abbia paura di sperimentare, che sappia accogliere il dato come strumento di lavoro (non come oracolo) e che continui a mettere al centro le persone, la bellezza e la cultura del fare.

È la nostra visione.

Omar Bellicini - Responsabile delle Relazioni Esterne Fondazione MICS
8 Ottobre 2025